Paradigma connette start up e Pmi

Paradigma, un ecosistema che supporta start up e imprese ad alto impatto e con potenzialità di crescita esponenziali. Ne abbiamo parlato con il suo Project Manager Pietro Falcetto

Con la sua sede centrale a Padova e una filiale a Dubai, Paradigma alimenta l’innovazione in Italia e all’estero. Ne abbiamo parlato con Pietro Falcetto, Project Manager di Paradigma.

Come nasce Paradigma e qual è la sua missione?

«Paradigma nasce come incubatore di start up e Innovation Hub, rivolgendosi sia alle start up innovative che alle Pmi che abbiano intenzione di effettuare progetti legati all’innovazione. Il suo obiettivo è accompagnarle in tutto il processo dell’innovazione. Alle start up offriamo spazi in cui possano prototipare e organizzare il proprio progetto, ma soprattutto realizziamo per loro dei servizi di mentoring, finalizzati al reperimento dei partner necessari allo sviluppo della propria iniziativa. Il nostro supporto è garantito non solo nella fase di ricerca e sviluppo, ma anche nella fase in cui ci si approccia al mercato.

VENETO ECONOMY - Paradigma connette start up e Pmi
Pietro Falcetto

Già nel 2021 siamo stati riconosciuti come incubatori certificati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy: Paradigma, da piccolo incubatore nato a Padova, è entrato a far parte della rete nazionale dell’innovazione. Un altro servizio che offriamo alle start up è quello della raccolta fondi, che è fondamentale

in un processo di creazione di impresa innovativa. Parlo di fondi pubblici, sia nazionali che regionali e di fondi europei, ma anche capitali privati derivanti da business angel e fondi di investimento. Cerchiamo di favorire la connessione tra le start up e il mondo degli investitori privati e del venture capital. Alle Pmi forniamo dei servizi finalizzati alla gestione dei progetti di ricerca e sviluppo e alla gestione della partecipazione ai progetti finanziati da enti pubblici.

Stiamo iniziando a curare gli aspetti legati alle certificazioni, in quanto vogliamo accompagnare le Pmi attraverso la transizione 5.0: ottenere le certificazioni vuol dire trarre vantaggio dagli aspetti innovativi e anche sostenibili delle loro azioni. Sul fronte della proprietà intellettuale, aiutiamo le Pmi e le start up a individuare idee innovative che eventualmente possono essere brevettate e dare vita a degli asset e dei valori aziendali. In passato, nel periodo pre-pandemico, abbiamo fatto diverse attività di formazione in collaborazione con enti regionali accreditati e sfruttando gli ampi spazi (500 metri quadrati) del nostro laboratorio elettromeccanico.

Con il Covid l’attività si è ridotta moltissimo, ma per il prossimo anno stiamo programmando una nuova attività di formazione che abbia come target sia gli studenti delle scuole superiori e delle università che le Pmi interessate a formare i propri dipendenti. Il focus sarà su applicazioni pratiche e attuali, come l’intelligenza artificiale e la robotica, fornendo dei corsi di formazione molto pratici, per implementare la vita di tutti i giorni delle imprese».

Quali sono gli ambiti tecnologici su cui si concentra Paradigma?

«Abbiamo un certo numero di vertical strategici attraverso cui supportiamo le iniziative delle start up. Si va dalla smart mobility alle soluzioni innovative in tema di fonti energetiche rinnovabili, dall’agritech all’Internet of Things, dall’analisi dei dati alla computer vision. Un altro settore che ci sta a cuore e che da tre anni stiamo supportando è quello del biotech, per lo sviluppo di strumenti medicali e macchinari dedicati all’analisi diagnostica».

Cosa può dirmi sulla presenza femminile nelle start up?

«Per quanto riguarda Paradigma, le start up hanno dimostrato che non si tratta di un tema di facciata, ma di un tema che sta a cuore a tutti. Tuttavia, siamo ancora lontani dal 50 per cento e questo dato dipende in larga parte dal fatto che nelle start up ad alto contenuto tecnologico come quelle che seguiamo noi la presenza femminile è ancora poco consistente. Laddove le start up seguono progetti di consulenza, anche ingegneristica, allora la presenza femminile si fa più nutrita. In Paradigma abbiamo una start up le

cui founders sono tre donne, le quali propongono una soluzione per il matching tra talenti e progetti innovativi, basata sull’analisi delle soft skills».

Possiamo dire che tra i vostri obiettivi c’è anche quello dell’Open Innovation, dell’incontro tra le start up e le Pmi, in modo che queste, aprendosi alle idee innovative possano rimanere competitive

«Il sistema dell’Open Innovation si può declinare in vari modi. Sicuramente la contaminazione tra Pmi e start up da noi esiste di fatto e cerchiamo di favorirla in ogni modo. Si crea un network in cui le start up beneficiano dei servizi delle Pmi e viceversa. Questo scambio non riguarda solo le competenze o le professionalità, ma anche le risorse finanziarie. Capita regolarmente che alcune Pmi partecipino nel capitale sociale delle start up per favorirne la crescita.

Il percorso da start up a scale up è un percorso ideale ma molto accidentato e difficile. I dati dicono che il 90 per cento delle start up fallisce nei primi quattro anni di vita, confermando che il fallimento è qualcosa di connaturato all’idea stessa di startup. Con una differenza tra i progetti industrial e quelli digital: nei primi il fallimento può palesarsi in tempi più lunghi, nei secondi dei rapidi test possono salvare la situazione e permettere alla startup di fare un pivot e di cambiare strategia.

Il successo delle start up noi cerchiamo di incrementarlo anche partecipando il più possibile a tutte le iniziative, istituzionali e non, che abbiano a che fare con l’innovazione e alle quali possiamo dare il nostro contributo.

Una di queste è il Premio 2031, un’iniziativa che si propone di valorizzare e sostenere progetti capaci di generare un impatto positivo su società, ambiente ed economia. Tra i premi indirizzati alle start up, che devono presentare la propria candidatura entro il 31 ottobre 2024, c’è anche un percorso di accelerazione messo a disposizione proprio da Paradigma».

Quanto è importante investire sul capitale umano quando si decide di dare vita a una start up?

«È molto importante, sia quando la start up è ancora al suo nucleo iniziale, sia successivamente. L’organizzazione non è mai molto vasta ed ogni elemento conta dieci volte di più rispetto a team più estesi. È necessario che questi pochi elementi siano complementari, a livello di competenze e anche di talenti e attitudini. Se l’idea è fondamentale, è la creazione del team il fattore chiave da cui può dipendere il successo o l’insuccesso della startup: il manipolo di persone che dà origine a una startup deve avere capacità di implementazione e di messa a terra, la cosiddetta execution e una visione condivisa e coesa sugli obiettivi prefissati.

Questo è un aspetto su cui noi facciamo lavorare le start up, fornendo indicazioni su come creare un team il più possibile omogeneo, compatto, coeso e talentuoso. La nostra attività di mentoring consiste proprio in questo: analizzare, intuire e proporre idee per combinare anime diverse all’interno di uno stesso team. Un lavoro non sempre facile, perché spesso i founders sono restii ad accettare una collaborazione con qualcuno che ha delle caratteristiche diverse dalle proprie. La genialità dei founders sugli aspetti tecnici deve integrarsi con degli aspetti imprenditoriali su cui noi come incubatore possiamo intervenire e indirizzare».

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